Quest’anno ho il piacere di essere ospitato in uno dei festival che ho seguito durante (e un po’ dopo) la mia giovinezza. Come per i festival organizzati MilanoMusica e MiTo, ho avuto modo in passato di ascoltare diversi concerti del Festival “Microludi”. Ed è proprio da qui che voglio partire perchè questa intervista è sia conseguenza di questo festival e sia un po’ di voglia di giocare con un artista con cui sto condividendo un rapporto professionale molto sincero.
Ma andiamo con ordine.
Il Festival teatrale e musicale “Microludi” compie i suoi venti anni proprio questo anno. A supportare e a reinventare ogni anno il festival sono due (spero mi passino il termine!) querce musicali: Antonella Moretti e Mauro Ravelli, due pianisti, opinionisti, critici, organizzatori e attenti interlocutori che ho avuto modo di conoscere in questi anni. Questi due Maestri sono persone particolarmente attente e basta spulciare nel loro sito per accorgersi di quanta dedizione e cura abbiano nell’organizzazione di questi eventi annuali. Provate a leggere solo i programmi di sala e vi troverete di fronte a nomi davvero di un certo spessore nel panorama della musica d’oggi in Italia. Fabio Vacchi, Carlo Boccadoro, Luis De Pablo per fare nomi di compositori importanti, molti dei quali sono intervenuti in prima persona durante questi eventi.
Il festival non è da considerare unicamente un insieme di sole “interazioni musicali” perché hanno preso spesso forma episodi di teatro, danza, interventi con registi, psicoterapeuti e attori, proiezioni di film e molto altro … sembra chiaro che la propaganda dell’aspetto culturale e di ricerca artistica sia lo scopo principale dalla coppia Moretti-Ravelli.
Ho avuto la fortuna di potermi confrontare in tale contesto ed è nata semplicemente così la loro richiesta di farmi scrivere un pezzo per pianoforte a 4 mani.
La freccia che però mi porterà a scrivere tra breve di Emanuele Gregolin nasce da un contesto parallelo che mi ha fatto propendere a scrivere un altro pezzo per pianoforte a 4 mani.
Il primo pezzo scritto lo scorso anno e che avrebbe preso vita in questo stesso contesto si intitolava “L’impronta di una foglia“, partitura edita da BAM Music, questo nuovo pezzo invece sarà qualcosa che aggiunge elementi importanti legati ad un incontro avvenuto lo scorso mese.
Antonella e Mauro mi hanno infatti invitato a conoscere questo artista milanese e mi sono così presentato a Novate Milanese, dove lavora e abita. Per questa occasione Emanuele ha chiesto preventivamente se fossi disponibile a lasciargli una pagina di un mio manoscritto per poterlo lavorare e crearne così una propria opera.
(Aggiornamento post pubblicazione: questo è il quadro dedicatomi)
L’idea che qualcosa di astratto come un manoscritto, un mezzo astratto per permettere l’ascolto della musica, potesse essere trasformato in qualcosa di materico, di un mio manoscritto poi, mi ha inevitabilmente entusiasmato. Ma tale entusiasmo doveva essere ripagato al volo e così ho deciso di chiedere a Emanuele un quadro per il quale avrei scritto musica al servizio di quell’immagine con l’intenzione di fare eseguire il pezzo proprio durante l’incontro fissato a Villa Isacchi a Cislago, il 22 ottobre, sostituendolo così al precedente. “L’impronta di una foglia” troverà sede in altra occasione.
Emanuele Gregolin è un artista attivo dal 1998 e che ha partecipato a numerose rassegne d’arte e concorsi. Differenti sono le istituzioni pubbliche e private che hanno dedicato al suo lavoro pubblicazioni ed esposizioni. Cito il Museo della Permanente di Milano, il Vittoriale degli Italiani di Gabriele d’Annunzio a Gardone Riviera, i Musei Civici di Tortona, il Museo Parisi Valle di Maccagno (VA), il Museo Cantonale di Biasca (Svizzera), la Cattedrale di S. Maria Matricolare (Verona), il Museo della città di Orlando in Florida (USA), il Palazzo Bovara Unione Confcommercio di Milano, il Palazzo Partanna EPT a Napoli, Villa Arconati Fondazione Augusto Rancilio, la Galleria Malagnini di Saronno, Galleria Palmieri di Busto Arsizio, la Galleria DamArte di Magenta e la Galleria Compagnia del Disegno (Milano). Hanno scritto critiche e articoli Vera Agosti, Stefano Crespi, Sara Fontana, Giuseppe Frangi, Carlo Franza, Francesco Gallo, Paolo Lesino, Angela Madesani, Pasquale Lettieri, Marcello Palminteri, Bruno Pozzato, Giacomo Maria Prati, Claudio Rizzi, Alessandro Riva, Ruggero Savinio. Ha pubblicato in collaborazione con scrittori e poeti contemporanei quali Roberto Gaudioso, Sergio Ladu, Claudio Pagelli e Alberto Pellegatta differenti Libri d’Artista e pubblicazioni editoriali presso diverse case editrici (DiFelice Edizioni, Lietocolle, L’Arcolaio, Manni, Quaderni di Orfeo, PulcinoElefante).
Ho voluto approfondire il mio rapporto con Emanuele e ho avuto l’idea di intervistarlo per farvi comprendere meglio l’artista, l’uomo e il suo lavoro. Partiamo quindi dal suo lavoro:
R: Ciao Emanuele, grazie per aver accettato l’intervista, sai bene che non è il mio mestiere. Vorrei parlare di te e dei tuoi lavori. Ci parli da subito dei tuoi lavori più recenti?
E: Le mie opere recenti si concentrano sempre sui temi che più o meno ho sempre affrontato a partire dai primi anni ’90 e dunque, vicino agli Interni ci sono le Figure ed il tema del Paesaggio, anche in relazione ai paesaggi della “globalità” (i PC, paesaggi-contaminazioni inventati nel 2011 ho voluto riprenderli e farne variazioni….). Ho sviluppato molto ultimamente il ciclo di lavori della serie PAGINE che poco tempo fa è stato esposto in una grande mostra presso Casa Testori, editato dalla Prearo Edizioni d’Arte. Sento molto anche il tema dei “cieli” ed ho sviluppato questi lavori con l’attenzione più ossessiva nei confronti del segno e del campo colore.
R: In cosa si differenziano questi lavori da quelli del passato?
E: Come dicevo, i temi si ripetono ma ho sviluppato una maggiore attenzione nei confronti della forma-struttura in rapporto al colore. Quando in studio, mi trovo di fronte ad opere appese di molti anni fa, rifletto sul fatto che un artista ha in mano i suoi temi fin dall’inizio e li porta avanti in variazioni continue in modo tale che l’atto vivente della pittura si rinnovi sempre in freschezza.
R: Il tuo rapporto con lo spazio, con il colore e con gli oggetti.
E: Lo spazio è tutto ed un artista deve essere profondamente anche architetto ma con la A maiuscola….Il colore, poi, non ne parliamo: senza la sua profondità non riuscirei a vivere.
R: Siamo forse noi oggetti?
E: Siamo oggetti, anche, o per lo meno alcuni lo sono molto, a volte e la loro forma rende manifesto tutto ciò… . In alcuni momenti, riesco a subire più il fascino per ciò che è silente, nella magia degli oggetti, delle cose, piuttosto che per ciò che si dice “animato”.
R: Come prendono forma le tue opere?
E: I temi son fissati ormai da anni, per cicli e nel tempo, hanno subito per fortuna variazioni nelle loro forme per cercare di dare anche con “poco”, altro.
R: … e approfondendo, tecnicamente parlando, cosa preferisci usare?
E: Uso tutto e mi piace, questo. Adoro i disegni a china o a matita, l’olio su tela o su carta insieme all’acrilico. Ogni tecnica ha un mondo infinito e bellissimo che bisogna esplorare.
R: Segui un percorso durante l’operare di più opere o in genere nascono individualmente?
E: Come diceva Braque, è bene lavorare su più tele contemporaneamente. Cosa che faccio sempre. A volte, per “riposare” un po’, è bene alternare una piccola opera su carta con una tela … può aiutare … .
R: L’artista è parte del processo di mediazione dell’operare?
E: L’artista deve creare molto, aprire e aprirsi a “mondi” che lo aiutino a generare forme e riflessioni ampie, anche con ironia. Tutto questo bisogna saperlo leggere ma a volte, il pubblico non ne è capace.
R: Tu sei anche pianista. Anche la musica ha figure e gesti che rendono chiara una partitura e quindi il pezzo all’ascolto. Il rapporto con la musica ha condizionato le tue scelte figurative?
E: La musica mi ha sempre aiutato a superare situazioni “difficili” nel momento in cui stavo cercando di creare un lavoro. La sua immaterialità, paradossalmente ha un peso enorme e penetra in me aprendo suggestioni figurative profondissime con un continuo rapporto nei confronti della storia e del tempo.
R: Hai scelto una pagina di un mio lavoro per poterla trasformare in qualcosa che da astratto, per me questa pagina è un mezzo per permettere l’ascolto attraverso l’esecuzione, diventerà materico. Che cosa ti ha colpito di questo manoscritto? E se posso… come lo eleverai a materia (sono molto curioso)?
E: Come ti anticipavo prima, ho fatto molta fatica a toccare i tuoi manoscritti ed in punta di piedi ne ho scelto uno piccolissimo che ho applicato su un fondo come se fosse volato dal tuo quaderno e posandosi ha incontrato la pittura ed il disegno.
R: Sei un artista di oggi tuttavia nel gioco “se fossi nato molti anni fa” ti chiedo: Avresti una preferenza nel vivere durante una specifica corrente artistica del passato?
E: Ah, questa è una bellissima domanda…molto stimolante…..Beh, ho riflettuto spesso su questa “fantasia” e possibilità e devo dirti che mi sarebbe piaciuto molto poter vivere nel ‘700 per gustare di tante cose diverse, spostandomi dall’Italia alla Francia e Spagna per poter fuggire anche nel nord dell’europa che amo molto gustando le città e i giardini che io ho sempre amato e studiato, entrando così nelle opere di Canaletto e Bellotto, cifre indelebili di una Europa che non c’è più.
R: Il pezzo che sto scrivendo è per pianoforte a 4 mani, musica elettronica e “Paesaggi contaminati” di Emanuele Gregolin. Cosa ti aspetti dal pezzo che sto scrivendo e che ci vedrà “impegnati” il 22 ottobre?
E: Sono curiosissimo ed onestamente non vorrei avere uno shock poichè, dare vita con il suono a quell’opera significa creare qualcosa di molto forte ed impegnativo.
R: Quali sono i prossimi progetti? Hai delle date da darci?
E: I progetti sono diversi ma il primo appuntamento dopo ottobre sarà con un’opera che in novembre ricorderà la figura di Antonio Gramsci e verrà esposta alla Fondazione Ernesto Treccani di Milano.
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