Tamara Stefanovich ed il concerto.

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Ieri sera ho potuto assistere ad un buon concerto al Teatro alla Scala.

Il concerto introduceva il festival di Milano Musica che, eccezioni a parte, seguo con abbonamento da quasi 5 lustri e che ogni anno presenta artisti di davvero grande spessore. Quest anno il festival viene dedicato a Gerard Grisey ed ha come tema le modalità della manifestazione fisica del suono e lo studio delle soglie percettive. Non avevo mai ascoltato dal vivo Tamara Stefanovich, la pianista che mi ha fatto perdere i sensi in questo bel programma intelligente e di cuore. E sinceramente trovo che abbia suonato in modo davvero eccezionale alcuni di questi capolavori. In particolare il Klavierstück X di Karlheinz Stockhausen è stato eseguito con una pulizia ed un controllo che non mi era mai capitato di ascoltare. Avevo nelle orecchie una suggestiva esecuzione di Pollini, energica e davvero profonda e questo modo di interpretare Stockhausen si è rivelato illuminante. Del resto non è forse il principale compito degli esecutori indicarci nuove strade all’interpretazione?

Ma vorrei portare all’attenzione il programma presentato perché merita di essere esposto. Al via di una manifestazione che si dedicherà ad un compositore in particolare il primo concerto, in un tempio quale è questo nostro teatro, il concerto sembra non rilevare nulla dell’autore a cui è dedicato. Il programma davvero intenso, della durata di circa 80 minuti, è stato presentato in due tempi ma leggendolo capirete da soli dove voglio andare a parare:

I parte:

Karlheinz Stockhausen (1928/2007)
Klavierstück IX (1954/61)

Olivier Messiaen (1908/1992)
da Catalogue d’oiseaux (1956/58)
Le Courlis Cendré

Karlheinz Stockhausen
Klavierstück V (1954)

Olivier Messiaen
da Vingt Regards sur l’Enfant-Jésus (1944)
XII. La Parole toute-puissante

II Parte:

Olivier Messiaen

Cantéyodjayâ (1948)

da Quatre Études de rythme
Île de feu 1 
(1949)

da Vingt Regards sur l’Énfant-Jésus 
XIII. Noël
XIV. Regard des anges 

Karlheinz Stockhausen
Klavierstück X (1954/61)

Ebbene sì, il concerto in apertura è stato dedicato alle origini del M° Grisey,  ai suoi insegnanti (e amici).

Quale modo migliore per comprendere un artista che poi ha dovuto affrontare i propri demoni e si è allontanato molto dall’astrattismo formalistico dell’avanguardia strutturalista?

Già per sé un programma del genere, che ti offre due mondi ben distinti gestuali ed estetici, uno quello di Messiaen, decisamente più aderente alla tradizione, l’altro di Stockhausen, una vera doccia di riflessioni gelate nel tempo (forse per alcuni ancora oggi), che ha come finalità la presentazione di una terza presente e palpabile presenza, ti permette di sederti comodo e attendere con vera goduria che il concerto inizi.

Ma la vera sorpresa a mio parere deve attribuirsi alla Stefanovich, o meglio alla sua scelta di presentare la prima parte del programma non solo senza interruzioni ma direi effettivamente senza soluzione di continuità.

Ascoltare in questo modo il susseguirsi di due compositori così distinti eppure così vicini è stato davvero emozionante. Entrare “improvvisamente” in ruoli così lontani non mi è mai apparso così semplice. Come a dire ai detrattori dell’arte contemporanea: “ma oltre al cervello, vi mancano anche le orecchie!”

Se poi tutto lo condiamo, come a me piace pensare, al ruolo di amicizia e di confronto che hanno avuto questi compositori in così tanti anni, ammetto che posso parlare di apoteosi di linguaggio.

Davvero un bel concerto di qualità tale che l’acquazzone che mi ha accompagnato all’uscita del teatro è sembrato un arcobaleno di speranze e di nuova vita.

Brava Stefanovich!

Autore: Roberto

Roberto Brambilla - www.robertobrambilla.it - www.robertobrambilla.com - www.taukay.it -

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