Il carillon di Anjezë è un mio nuovo lavoro scritto in occasione della canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, decisa per il 4 settembre 2016 e destinato al Vaticano al fine di celebrare la Sua santificazione.
Ho pensato in questa occasione di immaginare un altro carillon, forse il secondo di una serie che mi interesserebbe approfondire. Il primo, Eèa, per clarinetto (clarinetto basso) e pianoforte era dedito infatti a questo strumento cangiante e vi sono con esso delle piccole relazioni formali.
Ma intanto la mia voglia di indagine verso il carillon si è rilevata fin da subito. In questa occasione ho cercato di essere il più “cangiante” possibile, non a caso, anche se penso che i prossimi lavori torneranno a ricercare altre caratteristiche di questi strumenti.
L’organico scelto per questo lavoro di circa 7 minuti è costituito da un arpa e da un vibrafono, due strumenti che “per statistica” rivelano una natura molto dolce.
Il mio intento durante la scrittura degli appunti è stato quello di ricercare melodie che rendessero una sensazione di responsabilità, di senso morale e di difficoltà affidate, miscelate al senso melanconico che ci trasmette un carillon.
Per il tema di queste melodie mi sono basato sul nome stesso di Madre Teresa di Calcutta. Madre Teresa ha origini albanesi (i genitori cattolici abitavano nel centro di Shkodër) anche se per ragioni a me non chiarissime si erano recati al momento della nascita della figliuola nella regione ora macedone, vicino ai confini albanesi. Il nome di battesimo fu Anjezë Gonxhe Bojaxhiu e quindi la melodia che ne deriva è data dalle note La Mi Sol Si Mi Sib La Si. Tutte le melodie che ascolterete derivano quindi da queste note, relazionate attraverso tecniche di moti contrari, inversioni, dilatazioni, contrazioni, geometrie frattali e poco altro. E come già avrete notato sto proprio parlando di melodie, non si tratta di lapsus!
Il pezzo si sviluppa a partire da un grande tremolo molto “arioso” (non in senso strettamente musicale), di grande spazio, leggero, del vibrafono con mazzuole molto morbide, sul quale l’arpa cita il tema attraverso dei suoni “fluidi” (è una tecnica che permette di far glissare i suoni di un arpa su una sola corda come se fossero i glissati di un arco) in una sorta di esposizione introduttiva.
Durante il suo sviluppo si possono notare due sezioni ben distinte. Il secondo tema del pezzo, inteso sempre (come nel passato) come regione melodica, sarà dato dal moto contrario del tema principale ed è designato a far ascoltare il “carillon vero”, quello per cui ci si chiederebbe quale melodia possa contenere il carillon di Madre Teresa.
A proposito di questo carillon immaginario vi confido che è stato per me come immaginare un oggetto custodito segretamente da Madre Teresa di Calcutta. L’idea è che si ascolti l’immagine delle vicissitudini della Santa, in quel giardino di speranza, vocazione, serietà, gioia, coscienza, altruismo e amore in cui ci ha immerso attraverso i suoi atti e le sue parole.
Non ho quindi cercato una relazione con il Sacro ma con l’amore universale e i suoi segreti, che tali comunque restano. Oggetti misteriosi che possiamo vedere o sentire e che restano impressi come immagini indelebili nel nostro modo di guardare il mondo.
Intorno a metà settembre questo lavoro verrà registrato e pubblicato in un album. Gli esecutori dell’album e mi auguro anche delle successive esecuzioni saranno due mie care conoscenze. Ho scelto questi due maestri proprio perché ne conosco il valore e la serietà, Claudia Beatrice Zanini all’arpa (ed alla raganella, penso per la prima volta) e Giacomo Putrino al vibrafono.