Ho atteso vent anni.
Dico, vent anni… non sono noccioline. Ho avuto una marea di esperienze. E’ scomparso mio padre, mi hanno eseguito il primo lavoro in USA, il primo in europa, ho iniziato la collaborazione con Taukay, il mio più caro amico che lascia l’Italia e trova fortuna altrove, la perdita di un insegnante, le tasse, la scomparsa dei miei mici, la stima dei colleghi, i concerti in europa, le masterclass, la moto, le fotografie scattate, i viaggi.., mi fermo qui, avete idea di quanti siano vent anni?
Ebbene io ho atteso. Il mio obbiettivo è sempre stato questo editore. Il più importante in assoluto per la musica contemporanea. E ho atteso.
Ho atteso perché sarebbe stato inutile presentarmi, almeno lo credevo, giovane compositore con le esperienze di un giovane compositore ad un casa così importante. E così ho atteso. Ho conosciuto per motivi diversi questa casa editrice, ci sono persino entrato, ho conosciuto un responsabile per cui nutro una simpatia e probabilmente un amicizia, incrociato e conosciuto negli anni ai concerti, quando ancora non sapevo chi fosse.
Ma ho aspettato. Non dovevo aver fretta, solo lavorare, lavorare, lavorare. Giù gli occhi sulla carta a ragionare ogni santo giorno. A comprendere e a sbagliare, sempre sostenuto dai miei insegnanti, che mi aprivano gli occhi sulle problematiche dei miei lavori.
E continuavo a stendere fogli e fogli di musica, alcuni li ho gettati, alcuni li appenderei in camera per ricordarmi ogni giorno quanto sangue ci ho sputato sopra per la loro complessità e per la loro bellezza.
Ma ho aspettato. Perché dovevo dimostrare che potevo lavorare senza l’aiuto di una grossa casa editrice. Perché se fossi arrivato a questo, non ci sarebbero stati concorsi, dati falsi, a far comprendere il valore della mia scrittura. Non ci sarebbero state false lusinghe dovute o ragionate. Solo il lavoro ben fatto di un artigiano che ogni santo giorno ha buttato giù la testa per scrivere cose che i tre quarti della popolazione del mondo considera o rumore o sciocchezze.
Ma ho aspettato. Perché volevo mostrare anche, almeno per coloro con cui ho un rapporto, che la musica contemporanea promuove amore, speranza e tante, tante emozioni.
E quindi è arrivato il momento.
Sì, lo ammetto, se fosse andato in porto con la Sydney Symphony Orchestra un mio progetto, se in Parma Recordings avessero davvero mantenuto le promesse fatte, oggi avrei avuto ancora più possibilità. Ma la vita è fatta anche di queste sfaccettature. Trovi davanti a te chiunque e chiunque può fare qualunque. Ci sta. Peccato, ma ci sta.
E’ arrivato il momento perché posso mostrarvi il mio lavoro di tanti anni, e non mi interessa portare via il lavoro che ho dato alla Taukay o alla Comar23. Si parte da qui, dal compositore quarantenne che comincia a formarsi davvero.
E quando finalmente arriva il momento, quando penso davvero che si possa fare il salto, perché mi reputo maturo, una semplice lettera mi spiega che non è il momento, che le risorse mancano.
Direte voi, può essere, il periodo lo conosciamo e l’editoria non ne è esente.
Ma a parte che non sto chiedendo un soldo a ESZ ma semmai lo procuro ma perché allora hanno investito in giovanissimi ragazzi che non si sono posti il problema che certe cose dovessero arrivare dopo una certa esperienza?
Dipende dal fatto che abbiano vinto concorsi? … io continuo a non crederci, quella è diventata statistica. Ne fai mille, ne ottieni cinque. Io con dieci ne ho vinto uno e sono stato segnalato tre volte, e forse neppure meritate!
Non si può trattare con me come se fossi giovane.
Ho atteso per non esserlo.
Per mostrare la maturità di ciò che faccio come nessuno può a vent anni, ma con un esperienza che va al di là del buon gesto musicale.
Rimane solo la sensazione di aver puntato verso le persone sbagliate.
Un senso di ammarezza e di vuoto che, nonostante facciano diventare in una frazione di tempo insignificante, la lunga esperienza di venti anni inutile, non mi fermerà purtroppo dal continuare a scrivere. Tra le mie braccia, in questo momento gli appunti del trio, nonostante questa grande delusione.
Come dire, mi sento davvero ingabbiato nell’essere compositore, nel “non essere capace di fare altro”, ma soprattutto di sapere quello che valgo, nonostante non goda della fiducia di persone che avrebbero solo vantaggi nel collaborare.
A presto,
Roberto.